I parchi pubblici sono stati tra i primi spazi cittadini chiusi per proteggerci dal diffondersi del Covid-19 e, come molti di noi speravano, sono i primi a riaprire ora che, iniziata la Fase 2, possiamo concederci qualche uscita in più.
In questo post vorrei raccontarvi come è nato uno dei più grandi parchi cittadini: il Parco Suardi. Oggi per molti bergamaschi è una vera oasi nel cuore della città: con i suoi 23.000 metri quadrati è un luogo molto amato per il tempo libero e un passaggio pedonale che collega via San Giovanni e piazzale Oberdan, l’occasione per fare due passi respirando a pieni polmoni, lontano dal traffico.
Ma questa vasta area verde non è sempre stata a disposizione dei cittadini. Fino al ‘600, i terreni coltivabili siti tra i cinque Borghi di città bassa – Valverde, Borgo S. Caterina, Borgo Pignolo, Borgo S. Leonardo e Borgo Canale – venivano usati per ortaglie e coltivazioni, esclusivamente come fonte di risorse necessarie per la quotidiana sopravvivenza.
L’idea del verde come valore e come bene inizia ad essere elaborata in Europa nei secoli seguenti, tra ‘700 e ‘800 ma, in una prima fase, gli spazi verdi sono proprietà private: i terreni sul retro dei grandi palazzi cittadini, trasformati in meravigliosi giardini, erano infatti a disposizione della sola nobiltà.
Anche l’area occupata dal parco Suardi per molto tempo fu utilizzata come terreno agricolo e in seguito venne trasformata nel giardino della residenza dei conti Suardi. Sul retro del palazzo, affacciato su via Pignolo, probabilmente c’erano stupendi pergolati di vite, melograni e allori, qualche siepe di bosso, e poi bordure di gigli, garofani e rose profumate; più lontano dalla casa, separato da un muro e da un cancello, restava ancora un angolo di campagna con orti, filari di vite e gelsi.
Ma questo Eden era riservato a pochi eletti ed era nascosto alla vista della popolazione cittadina dall’austera facciata del palazzo, oggi ai civici 63/65 di via Pignolo.
Verso la metà del Novecento qualcosa cambiò. Il proprietario di allora, il conte Guido Suardi, decise di dividere il proprio giardino in tre parti: la prima, attigua al palazzo, sarebbe rimasta alla famiglia (5.800 metri quadri) mentre la restante parte doveva essere divisa in due da una strada che avrebbe collegato via San Giovanni e via San Tomaso: il conte ne avrebbe donato metà alla città come pubblico giardino mentre la terza parte sarebbe stata acquistata dalla Società Dalmine per costruirvi tre edifici con appartamenti destinati ai suoi impiegati ed operai.
Per nostra fortuna la Dalmine rinunciò all’acquisto e il comune potè trattare la cessione dell’intera area. E così il 2 aprile 1950, poco più di 70 anni fa, alla presenza delle autorità cittadine, il primo Parco pubblico di città bassa fu inaugurato e aperto ai bergamaschi.
Livia Salvi